Non finiscono i tormenti del Pd umbro; dopo la sberla delle primarie perse ad Assisi e con le amministrative del 15 e 16 maggio sempre più vicine, a Città di Castello il primo partito regionale subisce le dimissioni polemiche di una figura storica dell’ala riformista del partito come Gianfranco Pannacci e di quelle, secondo le fonti solo da ufficializzare, del segretario comunale Cristian Biagini. L'accusa al vertice regionale del partito è di aver boicottato la linea del rinnovamento promossa dalla dirigenza castellana. "Avevamo organizzato alcuni incontri dal titolo “Per Castello si cambia” – dice Pannacci alle agenzie dopo le dimissioni dalla segreteria e dall’unione comunale – ma viste le decisioni assunte la scorsa settimana relativamente ai candidati da schierare alle primarie, alla fine posso dire che “Per Castello non si cambia". Il "j'accuse" di Pannacci è stentoreo e spiazzante per il partito umbro. In particolare sarebbe inaccettabile per lui la decisione di vedere il prosindaco Luciano Bacchetta (del Ps, partito dell'1,5% in città) e l’assessore al Bilancio Domenico Duranti contendersi la nomination di candidato alle primarie del prossimo 3 aprile. "Ad essere sconfessato – prosegue ancora Pannacci – è l’operato della segreteria che aveva il mandato politico di costruire, dopo venti anni di divisioni, un centrosinistra unito per aprire una nuova fase. Un obiettivo che non è stato conseguito. Si è fatto in modo che l’Idv e altre componenti del centrosinistra rimanessero fuori dalla coalizione dicendo no ad una candidatura prestigiosa come quella di Walter Verini". Per Pannacci quindi ha vinto il continuismo delle vecchie logiche di potere: "Si è solo ricomposta la vecchia maggioranza con i vecchi uomini, altro che rinnovamento. Questo significa divorziare da una larga parte dell’opinione pubblica cittadina". A questo punto per Lamberto Bottini, segretario regionale del Pd, le grane sembrano piovere come grandine, e non sarà facile contenerne le conseguenze politiche. Sullo sfondo rimangono le ruggini delle vecchie divisioni congressuali; Walter Verini, storico braccio destro di Veltroni, probabilmente non ha trovato sponde amichevoli in un partito regionale saldamente controllato dalla maggioranza bersaniana.
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