Un concerto che rimarrà nella memoria dei perugini per sempre, come quello di Sting con l'orchestra di Gil Evans del 1987, quello di Miles Davis del 1985 o quelli di Springsteenn o Bob Dylan una decina d'anni fa. Qualcuno ringrazierà Natalie Cole per il suo improvviso rifiuto, ma è ancora una volta al genio artistico di Carlo Pagnotta che va il merito di aver pensato al folletto di Minneapolis come gioiello di sostituzione d'eccellenza da incastonare peraltro in Umbria Jazz come unica tappa italiana del tour 2011. Il risultato della scommessa sono tre ore e mezzo di magie musicali orchestrate da una band eccezionale con John Blackwell alla batteria, Ida Nielsen (basso e voce), Morris Hayes (piano elettrico), Cassandra O’Neal (pianoforte e voce) e le grandiose coriste Shelby J. e Liv Warfield, per chiudere con la superlativa Andy Allo alle chitarre. Una panoplia di corde da far impallidire la Luna, pronta a farsi spazio tra il via vai delle nuvole; e chissà cosa sarebbe successo se a questo armamentario di miracoli sonori si fosse aggiunto anche il sax incantevole di Maceo Parker, finora sempre presente in questo Welcome 2 America Tour. In mezzo c'è lui, inesauribile e generoso come pochi, (arrivando a dire al pubblico "sarò io il vostro Dj") e persino sobrio, non sembri un ossimoro, anche nei completi di luccicanti paillettes color oro; il grande Prince dei tanti vezzi del passato oggi tiene ancora caro quello di suonare su decine di chitarre diverse e di adornarle ancora con i simboli maschile (la freccia, a ricordare il glifo di Marte) e femminile (la croce con sopra il cerchio, come nell'immaginario consueto di Venere), a ricordarci il suo giocare ironico con la sua ambiguità sessuale. Intatto come vent'anni fa, quando lo vedemmo a Milano nel 1992, la sua prima volta in Italia, c'è il gusto raffinato per le scenografie, le luci per l'arte sapiente di saper miscelare i colori senza mai strabordare nel kitsch: un gusto lieve ed essenziale, che non distrae mai dalla regina del palcoscenico, Sua Maestà la Musica. Il Prince che delizia il pubblico dell'Arena Santa Giuliana è un artista maturo, completo, colto, generoso di omaggi e riconoscimenti alla storia della Great Black Music, di cui è stato ed è ancora il miglior esegeta e pionere nei campi affollati che portano verso la musica pop. Ma soprattutto Prince è oggi un artista libero, straordinariamente libero di muoversi con autorevolezza in tutti i moduli musicali degli ultimi 30 anni. Così il concerto è un vulcano di invenzioni, improvvisazioni e di variazioni continue: di ritmo, di mood e finalizzazioni armoniche. Il via lo dà un pezzo strumentale che è un omaggio al jazz più raffinato e colto, quel "Quadrant" 4 che consacrò Billy Cobham tra i grandi eccelsi. La musica di Prince oggi è un mélange arcobaleno di jazz, di funky, di rock e di soul, dove finiscono per amalgamarsi nella stessa emozione lo stupendo "Little Red Corvette" con "A Love Bizarre" o con la struggente "You Feel My Love".Poi ecco una meravigliosa versione di Foxy Lady di Jimi Hendrix e una rilettura di The Look Of Love, una delle perle dello sconfinato songbook del grande Burt Bacharach. Nel finale lunghissimo dei bis a ripetizione fioccano "Sometimes It Snows In April", l'invocatissima "Kiss", ed una interminabile "Purple Rain", quanto mai indicata a salutare anche l'ultimo dei nuvoloni che fino all'inizio del concerto avevano minacciato pioggia sull'Arena e che la musica del 53nne eterno ragazzino ha invece spinto via lontano, uno ad uno. Uscendo, c'è ancora chi canticchia le ultime note e chi ammette che "bhè 75 euro se li sono meritati tutti", dopo tre ore e mezzo di performance fluviale, alla faccia di chi pensa e dice che i grandi Big suonino solo per il vil denaro e dei comitati di quartiere che per fortuna a Perugia non ci sono, dando al pubblico il piacere di portarsi con la musica ben oltre la mezzanotte di una notte magica d'estate, che nessuno tra chi c'era potrà mai dimenticare. Nemmeno la luna, che all'ultima nota splende lucida sulla chitarra del Folletto che saluta il nostro paese salendo verso la Scandinavia, portandosi in tasca il calore di Perugia. Il botteghino del giorno dopo segna quasi 7000 biglietti venduti, quasi mille rimasti in cassa per un evento che rimarrà nella storia di Umbria Jazz; fuori dell'Arena assiepati sui muretti tanti ventenni intenti a "rubare" delle note portate dal vento. E questa è in fondo l'unica nota stonata di una serata indimenticabile; dentro tanti facoltosi professionisti con il biglietto gratis degli sponsor, fuori i giovani impossibilitati ad arrivare a quota 75 euro. Quando Umbria Jazz nacque per portare la grande musica soprattutto a loro.
N.d.r. Il video è tratto dal concerto di Los Angeles dello scorso aprile.
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